Terapia di Seconda Linea

Dott. Nicola Vianelli, Dipartimento di Ematologia e Oncologia Medica L. e A. Seràgnoli – Policlinico S. Orsola–Malpighi di Bologna

La terapia di seconda linea in genere viene impiegata nelle fasi precoci della malattia, dal terzo-quarto mese al dodicesimo mese dalla diagnosi e dall’inizio di un percorso terapeutico. Dopo il dodicesimo mese la malattia, se ancora attiva, si considera cronica e la strategia terapeutica assume una connotazione diversa.

Questa fase terapeutica si rende necessaria in circa il 30-40% dei pazienti che utilizzano generalmente in I linea lo steroide, associato o meno ad alte dosi di immunoglobuline. Infatti, una piccola quota di pazienti risulta refrattaria dall’inizio del trattamento, mentre nella maggior parte dei casi ciò avviene per la ricaduta della conta piastrinica durante il cosiddetto “tapering”, ovvero la lenta riduzione posologica dello steroide, oppure a breve distanza dalla sua sospensione.

L’indicazione al trattamento è sostanzialmente la stessa considerata per l’inizio del trattamento di I linea, ovvero conta piastrinica inferiore alle 20-30000/mmc o presenza di rischio significativo di sanguinamento, indipendentemente dalla conta piastrinica.

Dagli inizii degli anni 2000 il Rituximab, anticorpo monoclonale con potente azione immunosoppressiva, che distrugge la maggior parte dei linfociti B, produttori di anticorpi e quindi coinvolti nella patogenesi di molte malattie autoimmuni, è stato introdotto nell’armamentario terapeutico dell’ITP refrattaria. Questo farmaco, se usato precocemente, è in grado di garantire una risposta iniziale nel 55-60% dei casi, che si mantiene a 5 anni di distanza nel 35% circa dei casi. Studi successivi hanno confermato la relativa sicurezza di questa farmaco, pur con il rischio proinfettivo che comporta, che comunque se ben gestito non sembra rappresentare un limite importante per l’impiego; inoltre il contesto ottimale d’impiego sembra essere quello relativo alla giovane donna (età inferiore ai 40 anni), con breve storia di malattia.

In epoca pandemica da SARS-CoV-2 (COVID19) questo farmaco è stato inizialmente utilizzato meno, per evitare di esporre il paziente ad un maggior rischio di contrarre l’infezione. Attualmente, in epoca di maggior controllo della pandemia e con la disponibilità di farmaci antivirali efficaci, il suo utilizzo è da ritenersi meno pericoloso, seppur da valutare attentamente caso per caso.

A partire dal 2010 sono stati resi disponibili gli agonisti del recettore per la trombopoietina (TPO-RA) Romiplostim, somministrabile settimanalmente per via sottocutanea ed Eltrombopag, in formulazione orale giornaliera, con necessità di restrizioni alimentari (digiuno per circa 3 ore prima e dopo la somministrazione, evitando di consumare latticini, che possono alterarne l’assorbimento).

Questi farmaci sono efficaci inizialmente nel 70-80% dei casi e nel lungo termine in circa nel 50-60% dei casi. Dopo gli studi registrativi, Romiplostim ed Eltrombopag sono stati impiegati sempre più precocemente, dimostrando efficacia e capacità di indurre la risposta anche con il secondo TPO-RA disponibile, laddove il primo risulti inefficace o particolarmente difficile da gestire; inoltre è stata ampiamente descritta la possibilità di mantenere la normalizzazione della conta piastrinica, anche dopo la loro sospensione, in circa il 20-30% dei casi. Il profilo di questa categoria di farmaci è nel complesso soddisfacente, pur comportando il loro uso, un certo rischio di complicanza trombotica arteriosa e venosa e di tossicità epatica. Vanno perciò impiegati con cautela da ematologi esperti della materia, che devono verificare, prima di iniziare il trattamento, quale sia il rischio che il paziente in questione ha di sviluppare una complicanza trombotica, per poi ponderare il rapporto rischio/beneficio di tale strategia terapeutica, soprattutto se il paziente è anziano.

Attualmente questi farmaci sono utilizzabili in Italia in seconda linea, indipendentemente dalla fase di malattia.

La splenectomia, pur rimanendo la procedura terapeutica che a tutt’oggi è in grado di garantire il migliore risultato terapeutico (65% di risposte nel lungo termine, senza più necessità di terapie mediche), è sempre meno utilizzata ed è stata relegata al ruolo di terapia da utilizzare durante la fase cronica (dopo i dodici mesi dalla diagnosi), per il paziente refrattario ad altre linee terapeutiche. Vi sono dati abbastanza consolidati sulla sua sicurezza, in particolare in termini di rischio infettivo e trombotico, soprattutto se fatta in tempi moderni, che comportano l’indicazione pre-intervento alla vaccinazione anti batteri capsulati e se consentito dalla conta piastrinica subito dopo l’intervento chirurgico, un’adeguata profilassi antitrombotica.

Nella seconda metà del 2022 sono entrati nel prontuario farmaceutico italiano Avatrombopag per uso orale, un nuovo TPO-RA utilizzabile in fase cronica, dopo il fallimento di altre linee terapeutiche, che ha il grosso vantaggio di non richiedere restrizioni alimentari per una modalità d’assunzione ottimale e il Fostamatinib, farmaco anch’esso ad uso orale, utilizzabile sostanzialmente in terza-quarta linea, interessante perché agisce in modo diverso rispetto agli altri farmaci attualmente disponibili, attraverso l’inibizione della fagocitosi dell’immunocomplesso piastrina-anticorpo, da parte della cellula macrofagica.

Questo farmaco sembra essere discretamente ben tollerato, pur potendo determinare alterazioni a carico della pressione arteriosa e dell’alvo e comporta un rischio trombotico apparentemente trascurabile.

Attualmente, come suggerito dalle principali linee guida disponibili, la scelta della seconda linea terapeutica si pone sostanzialmente tra il Rituximab e il TPO-RA; tale scelta può talvolta risultare difficile da attuare, considerando i pro e i contro che ogni farmaco comporta. La scelta è il risultato di un rapporto medico paziente ben riuscito, dove dal dialogo e dall’empatia reciproca, si tiene conto dei valori del paziente, del suo ambiente famigliare, del suo tipo di lavoro e di come impiega il suo tempo libero (hobbies ecc.); in sintesi la scelta deve cercare di soddisfare anche le esigenze e le aspettative del paziente.

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