Rituximab

Il Rituximab nella terapia della Piastrinopenia Immune

Francesco Zaja, Clinica ematologica – Azienda Ospedaliero Universitaria S. M. della Misericordia di Udine

Che cos’è il rituximab

Il rituximab è un anticorpo di sintesi molto simile per struttura agli anticorpi che il nostro sistema immunitario produce normalmente per contrastare le infezioni. Il rituximab ha come bersaglio l’antigene CD20, una proteina che si ritrova normalmente sulla superficie dei linfociti B, una sottospecie di globuli bianchi. Il rituximab è definito anticorpo chimerico in quanto è costituito da una parte di origine umana ed una parte (quella che si lega al CD20) di origine murina. Il rituximab agisce legandosi ai linfociti B provocandone la loro distruzione in modo molto simile a quello che succede quando i nostri anticorpi interagiscono con batteri o virus. Per queste sue caratteristiche, il rituximab nasce e trova la sua principale applicazione nel trattamento dei tumori del sistema linfatico (linfomi) che originano dai linfociti B. La peculiarità di questo agente rispetto ai tradizionali chemioterapici è quella di avere un’azione molto più selettiva e mirata. Numerosi studi hanno dimostrato una significativa efficacia del rituximab nel trattamento dei linfomi B sia in mono-terapia che in associazione alla chemioterapia.

Razionale di impiego del rituximab nella ITP

L’effetto del rituximab è stato sfruttato anche nel trattamento della ITP e di altre malattie autoimmuni con lo scopo di eliminare dall’organismo le cellule (linfociti B) aventi un ruolo causale importante nell’insorgenza della malattia. Mediante tale azione si mira quindi ad ottenere un fenomeno di riassestamento immunologico che è possibile e sfruttabile in quanto il rituximab non colpisce le cellule staminali del midollo osseo e pertanto l’effetto di eliminazione dei linfociti B, seppur prolungato, è transitorio.

Efficacia terapeutica del rituximab nella ITP

Le prime esperienze con il rituximab nel trattamento della ITP risalgono alla fine degli anni ‘90. Da allora vari centri europei ed americani hanno contribuito alla sperimentazione di questo agente nella ITP dell’adulto e del bambino. I risultati di questi studi ci dicono che, quando impiegato come terapia di salvataggio in soggetti con ITP precedentemente trattata con cortisonici, splenectomia, immunoglobuline ed altri agenti, il rituximab può determinare una risposta a breve termine in circa il 50-60% ed una risposta duratura (anche per molti anni) nel 20-30% dei casi circa. Inoltre una certa percentuale dei pazienti che rispondono può presentare una ripresa della malattia ad un tempo variabile e non prevedibile dopo la fine del trattamento. Il rialzo della conta piastrinica nei pazienti responsivi è più frequentemente rapido, già dopo la prima o la seconda somministrazione del rituximab; in alcuni pazienti, tuttavia, la risposta può essere più tardiva, anche dopo uno o due mesi dal termine del trattamento. Al momento non si conoscono chiari indicatori di risposta al rituximab; alcuni studi sembrano indicare che l’impiego anticipato di questa terapia si associa ad una migliore percentuale di risposta iniziale e duratura. E’ questo il motivo per cui alcuni centri propongono l’impiego precoce del rituximab già dopo il fallimento della terapia cortisonica e prima di altre linee di trattamento (in particolare la splenectomia). Uno studio europeo in cui il rituximab è stato impiegato come alternativa alla splenectomia ha documentato che dopo 3 anni dal trattamento il rituximab è risultato efficace nell’evitare l’intervento di rimozione della milza nel 40% dei pazienti. Nei pazienti che rispondono al rituximab e che presentano una recidiva della malattia dopo un periodo di osservazione medio-lungo il ritrattamento con rituximab si accompagna nella maggiore parte dei casi ad una nuova risposta.

Come si somministra il rituximab

Il rituximab è un farmaco ad uso endovenoso e la sua somministrazione avviene in infusione lenta (alcune ore) una volta la settimana per quattro settimane consecutive. La dose normalmente impiegata è quella di 375 mg/mq (la stessa impiegata per il trattamento dei linfomi). L’impiego a dosaggi più bassi sembra avere risultati inferiori specie in termini di durata della risposta. Mancano ancora tuttavia studi di confronto tra dosaggi diversi in grado di definire con certezza quale deve essere il dosaggio ottimale nel trattamento della ITP.

Quali possono essere gli effetti collaterali del rituximab a breve termine ed a distanza

La somministrazione del rituximab può accompagnarsi alla cosiddetta reazione da rilascio di citochine, un quadro clinico molto eterogeneo per tipologia ed intensità di insorgenza di sintomi quali brividi, febbre, nausea, senso di vomito, broncocostrizione, calo della pressione arteriosa. Tale manifestazione avviene in genere durante la prima somministrazione e più raramente nelle successive. Per prevenire tale complicanza si usa premedicare il rituximab con un antipiretico, un antistaminico ed in alcuni casi con un cortisonico. In considerazione della sua azione sul sistema immunitario il rituximab riduce la risposta ad alcune vaccinazioni e può potenzialmente predisporre a complicanze infettive. Va pertanto impiegato con molta cautela nei pazienti portatori del virus dell’epatite B, di altri infezioni, o in stati di immunodeficit primario o acquisito. I principali studi pubblicati su casistiche di pazienti contenute non segnalano importanti e frequenti complicanze infettive dopo trattamento con rituximab. Vi sono, tuttavia, segnalazioni occasionali per lo più in pazienti affetti da linfoma di possibili riattivazioni o infezioni primarie da alcuni virus con complicanze a volte gravi e fatali. Per tale motivo è bene che tale trattamento venga fatto in centri specializzati con esperienza nell’impiego di tale trattamento.

Normativa vigente

Al momento il rituximab è un farmaco registrato in Italia per il trattamento dei linfomi e dell’artrite reumatoide. Il suo impiego nella ITP avviene quindi fuori indicazione (off label). Il paziente a cui viene proposto tale trattamento deve essere informato e deve dare un consenso informato scritto al suo impiego. Sono in corso trattative con AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) per formalizzare l’impiego del rituximab anche nella ITP e consentirne l’uso in presenza di particolari necessità.

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